I dazi doganali non sono solo una questione di numeri o burocrazia commerciale. Sono leve politiche, armi economiche, strumenti di difesa e di attacco, usati per secoli dai governi per proteggere, punire o negoziare.
Comprendere la storia e gli effetti dei dazi doganali significa interpretare le intenzioni strategiche delle nazioni e misurare le conseguenze sulle economie e sulle vite delle persone.
Cosa sono i dazi doganali?
Vediamo il significato di dazi doganali in senso stretto. Un dazio doganale è una tassa imposta da uno Stato sull’importazione o esportazione di beni. Può essere calcolato come percentuale del valore della merce (“ad valorem”) oppure come cifra fissa per unità. I dazi nascono per generare entrate fiscali, ma si sono evoluti in strumenti di protezione economica e leve geopolitiche.
Le tre funzioni storiche dei dazi doganali
Tra le funzioni storicamente alla base della volontà dei governanti di applicare dazi al commercio internazionale con gli altri Paesi, ne riconosciamo 3 di fondamentali:
- Protezione dell’industria nazionale: rendendo più costosi i prodotti esteri.
- Entrata fiscale per lo Stato: prima delle imposte dirette come IVA e IRPEF.
- Pressione politica e strategica: per influenzare relazioni internazionali.
I dazi doganali nel mondo antico: Greci, Romani e Medioevo
La pratica di imporre dazi doganali risale all’antichità.
Nell’antica Grecia, le città-stato imponevano tasse sulle merci che transitavano nei porti o che venivano scambiate nei mercati. Ad Atene, il pentekoste era una tassa del 2% su tutte le importazioni ed esportazioni.
L’Impero Romano adottò una struttura doganale complessa. Il portorium era un dazio applicato alle merci in entrata nei territori imperiali. Le frontiere fiscali interne erano capillari, tanto da rappresentare una fonte significativa di reddito pubblico. I dazi romani erano anche strumenti di controllo politico: alcune merci venivano tassate più di altre per disincentivare determinati traffici.
Durante il Medioevo, le dogane si moltiplicarono lungo le vie commerciali: i feudi e le città-stato europee imponevano pedaggi e dazi locali che frammentavano il commercio. Lungo il Reno, ad esempio, ogni castello era un punto di prelievo fiscale. Il dazio divenne parte integrante delle lotte di potere tra signorie e monarchie emergenti.
Navigation Acts inglesi: il commercio come dominio dei mari (1651)
Nel XVII secolo, l’Inghilterra decise di limitare l’accesso al proprio impero commerciale ai concorrenti stranieri. Con i Navigation Acts del 1651, Londra stabilì che tutte le merci importate nel Regno Unito o nelle sue colonie dovevano essere trasportate esclusivamente su navi britanniche o costruite in paesi d’origine.
Questa misura colpiva direttamente i Paesi Bassi, allora potenza commerciale dominante. Il risultato? Tre guerre anglo-olandesi (1652-1674), con migliaia di morti e un drastico ridimensionamento del potere olandese. Il dazio, in questo caso, non fu solo un provvedimento economico, ma una causa scatenante di conflitti armati.

Corn Laws: quando il protezionismo affama i cittadini (1804-1846)
Nel XIX secolo, il Regno Unito impose pesanti dazi sul grano importato, attraverso le cosiddette Corn Laws. Lo scopo era proteggere gli interessi dei latifondisti britannici, ma l’effetto fu devastante per i consumatori: l’aumento dei prezzi del pane creò malcontento e crisi sociali.
Le proteste furono guidate dalla Anti-Corn Law League, che riuniva industriali e lavoratori urbani. Dopo anni di mobilitazione, le Corn Laws vennero abolite nel 1846. Fu una delle prime vittorie del libero scambio e della borghesia urbana contro l’aristocrazia agraria; una lezione su come il protezionismo possa colpire i cittadini comuni.
USA e lo Smoot-Hawley Tariff Act: il dazio che peggiorò la Grande Depressione
Fin dall’indipendenza dal Regno Unito, gli Stati Uniti hanno usato i dazi commerciali per finanziare lo Stato e proteggere le industrie nascenti. In un’epoca in cui il sistema fiscale era ancora in fase embrionale, i dazi svolgevano una doppia funzione: alimentare le casse federali e proteggere l’industria manifatturiera nascente dalle pressioni che venivano dall’estero.
Ma nel 1913, con l’elezione del presidente democratico e liberale W.Wilson nel 1913, ci fu una svolta epocale: i dazi furono ridotti in modo significativo e venne introdotta per la prima volta un’imposta federale sul reddito.
Tuttavia, questa ventata di novità durò ben poco: nel 1930, durante la crisi economica mondiale, il Congresso approvò lo Smoot-Hawley Tariff Act, che aumentò drasticamente i dazi su oltre 20.000 beni importati.
L’intento era difendere l’economia interna, ma l’effetto fu disastroso: i partner commerciali imposero ritorsioni, il commercio globale si ridusse del 66%, e la Grande Depressione si aggravò. Il dazio doganale diventò un boomerang: ridusse l’occupazione, peggiorò i consumi e inasprì le tensioni internazionali.
Guerre dei dazi nel dopoguerra: dalla “Chicken Tax” a Trump
La “Guerra del Pollo” (1960s)
Durante la Guerra, gli USA puntarono sull’allevamento del pollame per compensare una carenza di carni rosse: la produzione crebbe rapidamente e in maniera esponenziale, portando a una importante contrazione dei prezzi, portando i produttori USA a rivolgersi all’estero per assorbire l’eccesso di offerta.
A seguito di tali dinamiche, negli anni Sessanta l’Europa impose dazi sul pollo statunitense, che era considerato una merce la cui produzione era sovvenzionata dallo Stato americano. Washington rispose tassando brandy, furgoni e altri prodotti europei.
Nacque così la Chicken Tax, un dazio del 25% sui veicoli commerciali leggeri (ancora oggi in vigore) che portò Ford a importare furgoni dalla Turchia con sedili posteriori temporanei, – poi rimossi dopo lo sdoganamento – e, curiosamente, incentivò le aziende straniere (in primis i produttori nipponici) a costruire stabilimenti direttamente sul suolo americano per aggirare la tassa.
Il paradosso fu che per colpire i polli, si finì per tassare i furgoni.

Trump e la guerra commerciale con la Cina
Tra il 2017 e il 2020, la prima amministrazione Trump aveva già imposto dazi contro Cina, Unione Europea e altri Paesi, con l’intento dichiarato di “proteggere i lavoratori americani”.
In particolare, dal 2018 furono introdotti dazi su acciaio, alluminio e beni tecnologici cinesi, cui l’UE e Pechino risposero con una serie di contro-dazi, tassando soia, carne e automobili, formaggi e whiskey americani, in un’escalation che comportò conseguenze sensibili per chi aveva imposto per primo tali misure:
- Aumento dei prezzi per i consumatori USA
- Perdita di mercato per gli agricoltori americani
- Incertezza globale nelle catene di approvvigionamento
I dazi doganali del futuro: e-commerce e clima
CBAM: il dazio climatico europeo (2023)
Nel 2023 l’Unione Europea ha introdotto il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), un sistema che impone un costo sulle emissioni di CO₂ associate a determinati beni importati nell’Unione Europea.
In pratica, chi esporta verso l’Europa prodotti ad alta intensità carbonica – come acciaio, cemento, fertilizzanti, alluminio, idrogeno ed elettricità – dovrà acquistare certificati che riflettono il prezzo delle emissioni incorporate nei prodotti, paragonabile a quello sostenuto dai produttori UE nell’ambito del vigente sistema di scambio delle quote di emissione (EU ETS).
È il primo esempio di “dazio verde”, che mira a evitare la delocalizzazione delle emissioni e a proteggere le imprese europee impegnate nella transizione ecologica, premiando i produttori più sostenibili. Pur non essendo tecnicamente un dazio classico, il CBAM funziona in modo simile, disincentivando l’importazione di beni prodotti in contesti meno regolamentati e tutelando la competitività dell’industria europea nella transizione verde.

Rappresenta un cambio di paradigma in cui i dazi diventano strumenti di politica ambientale e una dichiarazione di intenti geopolitica: l’UE è pronta a usare il commercio come leva per esportare le proprie regole ambientali.
L’invasione dell’e-commerce asiatico in Europa
Oggi, piattaforme come Shein o Temu sfruttano l’esenzione daziaria per i beni venduti in Europa che abbiano un costo inferiore ai 150 euro.
In risposta a questa “globalizzazione a basso costo” che ha penalizzato l’industria europea, l’UE ha deciso di abolire entro il 2028 la soglia dell’importo dei beni venduti e introdurre dazi tra il 5% e il 17%. Si punta a tutelare le produzioni locali e la sicurezza dei consumatori, riequilibrando la concorrenza e garantendo la sicurezza dei prodotti, penalizzando inoltre prodotti sprovvisti di un’adeguata certificazione.
L’obiettivo ultimo è quello di costruire un mercato più equo e sicuro, che non sia appannaggio esclusivo di chi produce a costi e diritti minimi. Questa volta, il dazio non serve solo a fare cassa, ma a riequilibrare un sistema diventato, troppo spesso, ingiusto.
Effetti economici e sociali dei dazi doganali
L’applicazione di dazi commerciali comporta inevitabilmente risultati ambivalenti, sia positivi che negativi, per il Paese che decide di applicarli.
Effetti positivi
- Protezione delle industrie strategiche: Soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.
- Stimolo alla produzione interna: Spinge a sostituire l’import con produzione nazionale.
- Rafforzamento della sicurezza economica: Meno dipendenza da fornitori esterni.
Effetti negativi
- Aumento dei prezzi per i consumatori: I beni importati costano di più.
- Rischio di ritorsioni: I Paesi colpiti rispondono con dazi propri.
- Distorsione delle catene globali del valore: Le aziende devono riorganizzarsi.
- Pressioni inflazionistiche: In tempi di alta inflazione, i dazi peggiorano la situazione.
- Riduzione del potere d’acquisto: Soprattutto per le fasce di reddito medio-basse.

Dazi e guerre militari: c’è una connessione?
In alcuni casi, i dazi hanno preceduto guerre (come tra Inghilterra e Olanda nel XVII secolo), in altri ne sono stati una risposta.
Spesso i dazi sono arrivati dopo conflitti militari, per consolidare potere economico o punire Paesi nemici. Ma in alcuni casi sono stati la causa scatenante di guerre vere, come ad esempio:
- Navigation Acts → guerre anglo-olandesi
- Guerra del pollo (1960s) → tensioni diplomatiche tra USA ed Europa
- Dazi Smoot-Hawley → instabilità internazionale negli anni ’30
- Trump vs. Cina → guerra commerciale con impatti globali
Sebbene raramente portino direttamente a guerre armate, i dazi creano tensioni geopolitiche che possono degenerare in conflitti politici o militari in contesti già instabili.
Dazi doganali ed economia sommersa: un rapporto storico ambiguo
Nel corso della storia, l’imposizione di dazi elevati ha spesso alimentato lo sviluppo dell’economia sommersa e del contrabbando.
Nell’Impero Romano, ad esempio, i dazi applicati ai confini regionali favorirono l’emergere di rotte commerciali illegali e reti di traffico parallele, gestite talvolta dagli stessi funzionari corrotti.
Durante il Medioevo, il proliferare di dogane locali lungo le vie commerciali europee incentivò i mercanti a evitare i percorsi ufficiali per eludere i pedaggi, portando alla nascita di veri e propri “corridoi clandestini” attraverso i boschi o le montagne. In tempi moderni, l’effetto è analogo: dazi elevati su beni di largo consumo, come tabacco, alcol o elettronica, hanno spesso spinto all’importazione illegale, alimentando mafie e reti criminali.
Perfino i recenti dazi imposti su prodotti di lusso o su beni tecnologici, come durante le guerre commerciali tra USA e Cina, hanno dato impulso al mercato parallelo, soprattutto online. In sintesi, quando il costo per accedere a un bene diventa sproporzionato, il mercato tende a “regolarsi” autonomamente attraverso canali alternativi e, spesso, illegali.
Utile scudo o arma pericolosa?
L’efficacia positiva o negativa dei dazi doganali dipende dal contesto, l’obiettivo e la durata.
Se usati per proteggere industrie strategiche o favorire la transizione verde, possono essere strumenti validi. Ma se abusati, rischiano di innescare guerre commerciali, aumentare l’inflazione e colpire i consumatori.
Non esiste una risposta univoca. I dazi possono essere utili in certi contesti, soprattutto per settori emergenti o vulnerabili. Ma nel lungo termine, il protezionismo tende a generare inefficienze, aumentare i prezzi e ridurre la competitività.
Per chi impone i dazi:
- Breve termine: vantaggi politici e industriali.
- Lungo termine: aumento dei costi e tensioni internazionali.
Per chi li subisce:
- Perdita di accesso a mercati chiave.
- Pressione sulle esportazioni e occupazione.
Effetti complessivi:
- Minore efficienza delle catene globali.
- Rischi inflazionistici.
- Potenziali escalation politiche.
I dazi, insomma, sono armi a doppio taglio. Se usati con cautela, possono difendere economie fragili. Se abusati, creano disuguaglianze, tensioni e fratture nel commercio globale. La storia lo insegna: ogni barriera doganale è una scelta politica che ha effetti economici profondi e spesso imprevedibili.
Conoscerne la storia e capirne gli effetti che queste scelte possono portare è fondamentale per interpretare il futuro del commercio globale e dell’economia.
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Chief Marketing Officer & Business Development Manager
“Per aspera ad astra“
Curioso per natura, nelle mie esperienze professionali ho sviluppato competenze differenti tra loro, condividendo ed acquisendo know-how in uno scambio che mi ha consentito di crescere nel corso degli anni, come professionista e come persona. Negli ultimi 15 anni mi sono dedicato alla Consulenza Finanziaria. Nel 2015 sono entrato in 4Timing SCF per realizzare, insieme agli altri soci fondatori, 4Timing SIM: un intermediario indipendente che rappresenta una boutique di investimento per gli Investitori che desiderano un rapporto professionale innovativo e di alto livello e per i Consulenti che vogliono evolversi professionalmente.