Come creare un portafoglio finanziario diversificato?
La costruzione di un portafoglio finanziario per un nostro cliente è, o almeno dovrebbe essere, un momento cruciale nella storia del rapporto professionale che si viene ad instaurare tra Cliente e Consulente.
Rappresenta infatti il passaggio da un momento “teorico” – basato su una presentazione reciproca, sull’empatia, sulla promessa di un modus operandi e di risultati che intercettino appieno le esigenze manifestate – ad un momento puramente pratico ed operativo – in cui tutte le parole fin qui ben organizzate ed utilizzate dovranno essere trasformate in qualcosa di concreto, qualcosa che traduca quanto prospettato a voce in un’allocazione ottimale di strumenti finanziari che, grazie alle loro caratteristiche, riescano a ripagare la fiducia riposta in noi con quanto il cliente si aspetta in termini di rendimento, rischio, fiscalità e liquidabilità del proprio capitale.
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Nel momento della creazione di un portafoglio strategico personalizzato, le scelte del consulente dovranno infatti essere tarate in misura corretta, utilizzando un giusto mix di ingredienti che possa portare ad un risultato finale che tenda ad incontrare il “gusto” dei propri clienti, mirando ad ottenere l’optimum in termini di approvazione e, perché no, anche di condivisione verso l’esterno.
Va da se’ considerare che, proprio a causa della differenza di esigenze, aspettative e prospettive di ogni singolo investitore con il quale si instaura una collaborazione professionale, diventa pretestuoso e quanto mai fuorviante cercare di individuare un’allocazione di portafoglio ottimale che possa essere riproposta con un semplicistico “copia e incolla” su una moltitudine di soggetti che presentino caratteristiche differenti in termini di età, situazione familiare, reddito, propensione al rischio e altri tipi di indicatori che guidano normalmente il consulente nella definizione di un portafoglio in gestione.
E’ pur vero, però, che in base a determinati fattori comuni è possibile ipotizzare una serie di portafogli modello, che possono rappresentare un’ispirazione (o piuttosto una guida) da cui partire nella definizione di un portafoglio finanziario personalizzato.
La teoria del Life-Cycle
A titolo di esempio, possiamo pensare a come la teoria del Life-Cycle ci indirizzi verso una scelta di allocazione generica del capitale maggiormente proiettata verso asset rischiosi, quanto più l’Holding Period previsto per l’investimento è lungo (quindi quanto più tenera è l’età dell’investitore) o quanto minore è la parte di risparmio messo a disposizione di un investimento gestito sui mercati finanziari.
Tuttavia, il contesto economico e finanziario degli ultimi anni tende a contrastare sempre più spesso quanto ipotizzato in via semplificativa da un modello “di massima” come quello dei life-cycle, portando a scontrarsi con una realtà sempre più complessa e inter-connessa, in cui gli stessi concetti di de-correlazione e calcolo del rischio vengono messi in discussione da mercati che seguono un andamento ondivago e privo di una direzione che la teoria potrebbe identificare come razionale.
Per avere un’idea di come nel lungo periodo l’investimento in asset più o meno rischiosi non abbia particolarmente premiato gli investitori statici, basta prendere in considerazione il “decennio perduto” del Giappone, i risultati sui mercati internazionali europei degli ultimi 15 anni, le sempre più frequenti ed alternate crisi dei mercati emergenti tra BRICS e Frontier Markets, l’irrisolta crisi del debito europeo che non tende a trovare una reale strada di risanamento, e come i mercati finanziari siano ormai continuamente esposti ad eventi politico-economici che sempre più assumono rilevanza internazionale; come le elezioni USA, la Brexit o il quesito referendario italiano, inerente la riforma della costituzione di un Paese che, per quanto rilevante, rappresenta pur sempre il 2,8% del PIL mondiale.
C’è da tener conto, infatti, di come i vecchi paradigmi su cui ci si è basati per decenni siano entrati in crisi a causa di un sostanziale allontanamento dei mercati finanziari dall’economia reale e soprattutto da una politica economica generale e globale votata all’interventismo continuo, che vede protagoniste le Banche Centrali, che con interventi più o meno mirati continuano a pilotare (o per lo meno provano a farlo) le economie Nazionali o Sovranazionali di cui hanno mandato.
Diventa allora di fondamentale importanza non solo identificare un modello di partenza cui ispirarsi nella definizione di un portafoglio ottimale per i propri clienti, ma comprendere appieno le loro esigenze entrando nei dettagli personali di ogni singolo e proiettando nei mesi a venire le scelte effettuate, tenendo però conto di tutte le possibili reali evoluzioni di tale portafoglio, andando oltre il calcolo probabilistico e progettando sin da subito una periodica rivisitazione di quanto impostato, al fine di restare continuamente aggiornati con quanto le economie ed i mercati hanno in serbo per il futuro prossimo.
Portafoglio strategico e abitudini alimentari: quale nesso?
È per questo motivo che oggi la definizione di un portafoglio strategico è molto più complessa che in passato, e fare affidamento in modo classico sui risultati dei gestori, sulla rischiosità “convenzionale” delle asset class, sui classici indicatori di rischio e sui rendimenti storicamente realizzati, risulta molto più pericoloso di quanto non lo sia stato fino a ieri.
I mercati azionari continuano ad essere caratterizzati dall’imprevedibilità, che negli ultimi anni si è accentuata per via degli interventi delle autorità sulle economie nazionali, mentre di converso il “tranquillizzante” mondo obbligazionario tende ad incutere nervosismo nei detentori di titoli a reddito fisso, che a fronte di un rendimento ridotto al lumicino, si vedono anche esposti ad un matematico ridimensionamento dei prezzi dei propri titoli.
Analogamente a quanto sta accadendo da alcuni anni nelle abitudini alimentari di molti di noi, le notizie riportate dai media e le scoperte in campo scientifico stanno pian piano cambiando il nostro comportamento, portandoci a scegliere e a consumare prodotti che non presentino tracce di alcune sostanze alimentari, come l’olio di palma, i parabeni, un eccesso di sodio, etc..
In più, riagganciandosi alla teoria del life-cycle, c’è da tener conto del cambiamento che il proprio corpo subisce nel tempo, e del possibile manifestarsi di alcune intolleranze alimentari sviluppatesi nel corso degli anni.
Partendo da un’impostazione di massima, da un punto di vista alimentare la teoria ci insegna che, a prescindere dai gusti personali, ognuno di noi dovrebbe assumere quotidianamente una determinata quantità di alimenti.
Questo concetto resta valido da un punto di vista nutrizionale, ma va a scontrarsi con il cambiamento dei gusti o con le intolleranze che nel corso del tempo vengono a manifestarsi.
Pertanto, diventerà fondamentale trovare degli alimenti alternativi che riescano però ad apportare le medesime quantità e qualità di sostanze nutrizionali di cui l’organismo necessita.
Quindi, se è vero che mediamente ognuno di noi dovrebbe assumere 2-3 porzioni di latte, yogurt e formaggi al giorno per la quantità di calcio, di vitamine e di proteine che sono presenti in ognuno di essi, è anche vero che questo assioma può trovarsi in netto contrasto con i gusti personali o, ancor peggio, con un’intolleranza al lattosio, che taglia definitivamente fuori dalla propria dieta questi alimenti, che dovranno però essere forzatamente sostituiti con degli altri che siano in grado di sopperire in maniera differente all’assunzione delle sostanze nutritive di cui il corpo necessita.
Diventa quindi un punto focale la scelta e l’utilizzo di “asset” che si adattano meglio alle proprie esigenze, aspettative e caratteristiche.
Chief Marketing Officer & Business Development Manager 4Timing SIM
“Per aspera ad astra“
Curioso per natura, nelle mie esperienze professionali ho sviluppato competenze differenti tra loro, condividendo ed acquisendo know-how in uno scambio che mi ha consentito di crescere nel corso degli anni, come professionista e come persona. Negli ultimi 13 anni mi sono dedicato alla Consulenza Finanziaria e nel 2015 sono entrato in 4Timing per realizzare, insieme agli altri soci fondatori, 4Timing SIM: un intermediario indipendente che rappresenta una boutique per il Consulente che vuole evolversi professionalmente e per l’investitore che desidera un rapporto professionale innovativo e di alto livello.