L’aspettiva di mercato sull’andamento dei tassi di interesse
Il contesto economico e soprattutto finanziario in cui ci troviamo ad operare oggi, è figlio di una serie di eventi eccezionali che vengono da lontano, da un periodo che va oltre la breve memoria di noi investitori e professionisti di settore.
A partire dall’agosto 2007, infatti, con l’acuirsi e l’affermarsi della crisi finanziaria più grave mai registrata sui mercati sin dal 1929, le economie dei Paesi sviluppati (USA in primis) si sono trovate a dover fronteggiare ed arginare una situazione economica in rotta verso la catastrofe, risvegliandosi bruscamente da decenni di crescita e prosperità socio-economica.
Il fallimento di Lehman Brothers aveva scoperchiato il vaso di Pandora, mostrando quanto profondamente marci fossero i pilastri su cui si era basata la crescita incondizionata degli anni 2000, portando in breve tempo la prima economia del mondo (e successivamente l’intero pianeta) a una crisi finanziaria, creditizia, immobiliare ed economica che ha visto “raddoppiare” i valori di disoccupazione, e crollare i valori di PIL e di inflazione.
Proprio a causa di questo “effetto domino”, per la prima volta dopo quasi un trentennio di trend invariato le Banche centrali cominciarono a dar vita a manovre di allentamento monetario (i c.d. Quantitative Easing), mettendo in campo politiche di riduzione dei tassi di interesse e di immissione di massicce dosi di liquidità nel sistema bancario, nel tentativo di ripristinare livelli di inflazione accettabili e rimettere in moto la macchina dei consumi interni, che per vari motivi si era improvvisamente inceppata.
Vuoi rimanere aggiornato sugli articoli del blog e sui nostri approfondimenti?
Così, nel tentativo di stimolare crescita economica, inflazione e occupazione, nel marzo 2009 la FED e la BoE diedero ufficialmente il via ad una imponente manovra di alleggerimento quantitativo, inondando i mercati della liquidità rinveniente dall’acquisto di titoli del debito pubblico e altri assets finanziari su collaterali in sofferenza (MRS ed MBS).
I risultati di questa enorme manovra messa in atto dalla Banca Centrale americana non hanno tardato a vedersi, riportando i tassi di disoccupazione sotto l’obiettivo del 5%, la crescita del PIL al 2% pieno, il deficit della bilancia dei pagamenti alla metà dei valori del 2008 e facendo ritornare i corsi di Wall Street ai livelli pre-crisi.
Tuttavia, seppure in un contesto economico globalizzato, non tutti i Paesi hanno utilizzato le stesse leve allo stesso momento. L’Unione Europea, infatti, a fronte di uno scenario economico inchiodato su valori insostenibili, con tassi di disoccupazione crescenti, ha iniziato il proprio QE soltanto a partire dal Novembre 2011.
Ciò è avvenuto immediatamente a seguito del cambio della guardia ai vertici dell’Eurotower tra J.C.Trichet e M.Draghi che, in contrasto con l’immobilismo del suo predecessore, votato esclusivamente a contenere i parametri di inflazione al di sotto dei valori statutari del 2%, sin dai primi giorni del suo insediamento ha dato vita alle manovre di alleggerimento senza le quali il Vecchio Continente non avrebbe dato segni di ripresa da un empasse che durava ormai da alcuni anni.
L’effetto collaterale che però tutte queste manovre hanno portato con se’, è stato quello di rivalutare gli asset esistenti, portando i prezzi dei titoli di Stato a livelli estremamente elevati, in ribilanciamento ad un’offerta di rendimento cedolare sempre più striminzita.
La situazione che viviamo oggi è dunque figlia di un continuo e ripetuto abbassamento dei tassi di riferimento da parte delle Banche centrali, che ha completamente stravolto la curva dei tassi di interesse, portando ad un contesto economico quantomeno paradossale: rendimenti effettivi sul mercato obbligazionario inferiori allo zero.
In pratica, un investitore che “presta” i propri soldi ad uno Stato sovrano, finanziandolo mediante l’acquisto di Bond emessi da quest’ultimo, accetta fin da subito di vedersi restituita una cifra inferiore a quella immobilizzata per l’acquisto.
È per questo motivo che i Governi centrali dei Paesi emittenti hanno continuato (se non aumentato) l’offerta di bond, in pratica finanziando spese correnti e debito pubblico con un risparmio considerevole sugli interessi passivi dovuti ai creditori.
Nel cercare il colpevole di questo risultato finanziario, però, il dito non può essere puntato esclusivamente sulle Banche Centrali, che con queste manovre stanno semplicemente tentando di costringere il risparmio verso gli investimenti produttivi non finanziari al fine di rilanciare la crescita economica, ma soprattutto nella vera causa dei movimenti della curva dei rendimenti a lungo termine: l’aspettativa del mercato.
Su questo aspetto ti consigliamo di leggere anche il nostro articolo “Survival Bias: scegliere i prodotti finanziari con il senno del poi.”
Gli interventi delle Banche Centrali, infatti, agiscono direttamente sulla parte di curva a breve termine; ma è la sfiducia nel futuro e una bassa aspettativa di crescita dell’inflazione che causa realmente un appiattimento della curva dei tassi a lungo termine.
Per i “Gov.people”, gli aficionados dei titoli di debito governativi, le possibili vie d’uscita potrebbero essere:
- realizzare plusvalenze in conto capitale, acquistando comunque bond con rendimenti negativi ma rivenderli prima della scadenza, fintantoché la BCE continuerà nella sua manovra espansiva;
- puntare a rendimenti cedolari piuttosto interessanti, acquistando titoli governativi di Paesi più “esotici”, fintantoché non si incapperà nell’Argentina o nella Grecia di turno.
Insomma, in entrambi i casi la parola d’ordine è diventata muoversi sui mercati, ma soprattutto “aumentare il rischio”.
Polverizzato così un punto fermo nella vita dell’investitore medio, si apre la caccia ai rendimenti e, bond governativi a parte, resta pur sempre la possibilità di investire in titoli a reddito fisso non governativi, i cd. Corporate, Convertibles, High-Yield, ecc., esponendosi però ad una volatilità del titolo normalmente più elevata e un probabile rischio di default considerevolmente più alto rispetto a uno Stato sovrano.
Nella ricerca di opportunità sul reddito fisso, bisogna però anche fare i conti con l’altro lato della medaglia: la possibilità di un innalzamento dei tassi di interesse.
In prima linea c’è la FED che, dopo aver fatto tutti i “compiti a casa”, con Janet Yellen è da mesi alla finestra in attesa del momento più opportuno per iniziare a rimettere mano alla politica economica e monetaria. Ciò, al contrario di quanto accaduto in questi ultimi anni, comporterebbe una perdita certa in conto capitale, a causa di una riduzione contestuale dei prezzi delle obbligazioni.
Chief Marketing Officer & Business Development Manager 4Timing SIM
“Per aspera ad astra“
Curioso per natura, nelle mie esperienze professionali ho sviluppato competenze differenti tra loro, condividendo ed acquisendo know-how in uno scambio che mi ha consentito di crescere nel corso degli anni, come professionista e come persona. Negli ultimi 13 anni mi sono dedicato alla Consulenza Finanziaria e nel 2015 sono entrato in 4Timing per realizzare, insieme agli altri soci fondatori, 4Timing SIM: un intermediario indipendente che rappresenta una boutique per il Consulente che vuole evolversi professionalmente e per l’investitore che desidera un rapporto professionale innovativo e di alto livello.