Il bias del senno del poi nella scelta dei prodotti finanziari
La casualità dei risultati, purtroppo, è sempre dietro l’angolo e la mera analisi delle performance di un prodotto finanziario di per sé non è sufficiente, è anzi fuorviante. Infatti, molto spesso capita che non appena uno strumento finanziario abbia ottenuto buoni risultati (rispetto ai competitor) e viene massivamente sottoscritto, inizia a perdere il vantaggio competitivo fin lì ottenuto, avvicinandosi inesorabilmente ai rendimenti medi del mercato.
Gli eventi casuali non hanno memoria
Intuitivamente, una buona performance passata di un fondo si direbbe indicativa delle capacità gestionali di un asset manager.
Infatti, aver ottenuto recentemente risultati positivi ed essere nelle posizioni alte della classifica, dovrebbe contare qualcosa nel discriminare i gestori più capaci da quelli che lo sono meno, o no? Sembra assai ragionevole ma purtroppo non è così.
Come raccontavamo nell’articolo “I risultati passati non sono indicativi di quelli futuri” i gestori potrebbero essere stati solo fortunati; al crescere del campione analizzato è sempre più probabile che qualcuno abbia ottenuto ottimi risultati ed altri abbiano ottenuto risultati negativi.
La distribuzione di probabilità dei rendimenti somiglia molto a quella gaussiana (normale), dove i risultati dei gestori sono casuali e dove la probabilità che quelli migliori continuino ad esserlo anche in futuro è sempre la stessa: il 50%.
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Esistono gli strumenti migliori da proporre ai clienti?
Nella nostra professione, spesso, noi Consulenti tendiamo a sottrarci i clienti a vicenda, proponendo ai nuovi e potenziali clienti gli strumenti “migliori”, (cioè quelli che hanno performato meglio negli ultimi anni, anche se i risultati ottenuti provengono probabilmente dall’aver cavalcato casualmente un trend positivo, come quello dei mercati azionari negli ultimi anni), proponendoli come la panacea di tutti i mali, grazie alla flessibilità con cui dovrebbero tutelare il patrimonio investito dalle prossime crisi.
Probabilmente, però, quegli strumenti “migliori” che andiamo a proporre, oltre a non essere presenti nei portafogli dei nuovi clienti, non sono molto presenti neanche nei nostri portafogli, proprio perché vengono selezionati in sede di proposta utilizzando il “senno del poi”, cioè conoscendo già le loro performance una volta che si sono già realizzate.
Con queste dinamiche prettamente commerciali, però, se è vero che convincere un nuovo cliente sembrerà un gioco facile, bisogna anche pensare che lo stesso attacco lo subiranno i nostri clienti da parte di un altro Consulente, che punterà a proporgli gli strumenti che avranno performato meglio nell’ultimo periodo e che, molto probabilmente, noi stessi non gli avremo consigliato data l’impossibilità di prevedere puntualmente lo strumento o il mercato vincente tra i tanti a disposizione.
Che cosa rappresenta il Survival Bias?
Questo modus operandi rappresenta il survival bias, ossia la propensione a proporre gli strumenti che sono andati meglio nel passato, che alimenta il bias del senno del poi. Per cui compro ciò che è andato bene, perché proietto in avanti la strada già percorsa. …Appunto, come guidare guardando lo specchietto retrovisore.
L’umana propensione a darsi sempre delle spiegazioni e giustificazioni dinanzi a qualunque evento, una volta che si è verificato, porta ad investire sempre negli strumenti che sono andati meglio negli ultimi anni, in quanto “chiaramente” affidabili.
Purtroppo però, come anticipato all’inizio dell’articolo, di solito accade che gli strumenti migliori degli ultimi 3 anni si dimostrino peggiori nei 3 anni successivi. Nonostante ciò, data la scelta iniziale dovuta alla bontà dei risultati ottenuti in passato dagli strumenti selezionati, si tende a tenerli comunque in portafoglio, nella speranza del ritorno ai fasti precedenti le ultime deludenti performance.
Già, ma fino a quando verranno tenuti in portafoglio?
Probabilmente fino a quando si perderà la speranza oppure fino a quando un nuovo e accattivante nome, acronimo o logo attireranno la nostra attenzione su strumenti nuovi, grazie ad attente campagne di marketing operate dalle stesse fabbriche prodotto, che sponsorizzeranno maggiormente gli strumenti più performanti degli ultimi periodi, magnificando l’operato dei nuovi gestori, i nuovi approcci al mercato, etc..
A quel punto, il nostro dialogo con il cliente sarà probabilmente minato dalla concorrenza, che lo avrà convinto puntando il dito proprio contro quegli strumenti che noi gli abbiamo ancora tenuto in portafoglio, sottolineando il fatto che un bravo professionista sa che non sono strumenti validi.
Anche se nella realtà dei fatti questa trattativa altro non è che una vendita costruita a posteriori, che non corrisponde alla realtà, il cliente inconsapevole potrà pensare che effettivamente il nuovo consulente abbia ragione e sia più capace del proprio consulente attuale.
Quando si guarda ai risultati dei fondi degli ultimi 3-5 anni, per scovare quelli che si sono comportati meglio, ci si dimentica di guardare a come si sono comportati tutti gli altri fondi della stessa società prodotto negli ultimi 5-10 anni.
Si scoprirebbe che molti fondi, che fino a qualche anno prima andavano benissimo in contesti di mercato differenti, molto probabilmente oggi non esistono più, oppure sono stati fusi o, peggio ancora, hanno cambiato nome.
In un’ampia offerta a disposizione, sarà sempre possibile trovare il fondo del momento, che sta andando casualmente bene, perché cavalca un tema che è in trend.
CEO & Founder 4Timing SIM – Vi racconto chi sono in poche righe. Lavoro nel mondo della gestione del risparmio da quasi trent’anni. Nel 2016 ho fondato 4Timing SIM, un intermediario finanziario italiano, specializzato nei servizi di consulenza su base indipendente e di gestione individuale di portafoglio. Controllo del rischio, controllo dei costi e consolidamento delle performance è il mantra che da sempre permea la relazione con i clienti, un vero e proprio gioco di squadra. In sintesi: lavoro con le banche per i clienti e non il contrario.