Da MiFID1 a MiFID2, trasparenza e protezione per gli investitori
La MiFID1 (direttiva 2004/39/CE) è entrata in vigore nell’ordinamento italiano nel 2007. Ha fornito la base per un quadro di regole comuni nell’unione europea riguardanti la tutela degli investitori, l’attività dei mercati finanziari e la prestazione di servizi di investimento da parte delle imprese di investimento.
L’obiettivo generale, e causa scatenante della sua attuazione, è stato favorire l’integrazione dei mercati finanziari dell’Unione europea e lo sviluppo di un mercato unico dei servizi finanziari in Europa, nel quale fossero assicurate la trasparenza e la protezione degli investitori.
Inoltre, questa implementazione a livello comunitario ha dato la facoltà alle imprese di investimento di prestare servizi di investimento a livello transfrontaliero (“passaporto unico”), in modo più semplice e a condizioni identiche in tutti gli Stati dell’Unione.
Il contenuto della MiFID1 è in parte integrato nella direttiva MiFID2 e in parte sostituito dal regolamento MiFIR. Un Regolamento UE 600/2014, che disciplina principalmente gli aspetti relativi alla negoziazione di strumenti finanziari).
Come già nella MiFID1, sono previste varie disposizioni. Tutte sono ispirate al dovere di agire nel miglior interesse del cliente e garantiscono una corretta informazione per gli investitori. Inoltre si occupano dei potenziali conflitti di interesse tra le parti e richiedono un’adeguata profilatura del risparmiatore.
Quali sono i principali obiettivi della nuova direttiva?
La MiFID2 ruota attorno ai concetti di trasparenza, protezione e di porre al primo posto gli interessi dell’investitore. Questi propositi portano innanzitutto alla ricerca di soluzioni che comportino una completa eliminazione dei classici conflitti di interesse che caratterizzano l’operato degli asset managers e delle reti di consulenti finanziari e che potrebbero inficiare la corretta applicazione della direttiva comunitaria.
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Quindi la tutela degli investitori resta l’obiettivo chiave e il leitmotiv dell’intero impianto normativo.
Come tutti i cambiamenti, anche l’introduzione della MiFID2 ha comportato non poche preoccupazioni al sistema del risparmio gestito. Soprattutto in virtù della ventata di freschezza e di trasparenza che questa normativa si propone di apportare.
Ma vista in un’ottica di miglioramento dello status quo, che continua a penalizzare sia i professionisti che operano in questo settore che i clienti, questa normativa fornisce a tutto il sistema del risparmio gestito l’opportunità di ripensare come e in quale veste fornire il servizio di consulenza.
L’obiettivo è chiaro: aumentarne l’efficienza. Come? Fornendo la tanto decantata protezione dell’investitore attraverso una gestione reale dei suoi investimenti. Niente più mera proposizione di prodotti standardizzati e una semplicistiche quantificazioni ex-post del rischio che il portafoglio in gestione ha assunto nel corso del tempo.
Tutto ciò è sostenibile se:
- Gli obiettivi dell’advisor sono totalmente allineati a quelli del cliente. Ciò è possibile soltanto eliminando alla fonte qualsiasi conflitto d’interesse. Altrimenti si continuerà a costringere il Consulente o l’Intermediario a scegliere tra la miglior soluzione per il cliente o quella più remunerativa per sé stesso.
- L’advisor è messo in condizioni di accedere ad approcci gestionali di controllo del rischio personalizzabili e che trascendano la mera vendita di prodotti finanziari a delega di gestione. Un esempio? Gli evergreen fondi flessibili, che spesso permettono solo una quantificazione del rischio con i tradizionali modelli di valutazione ex-post. Un efficace controllo del rischio permette di rispondere ad un altro elemento portante della nuova direttiva. Parlo dell’adeguarsi realmente, in maniera pragmatica, alla tolleranza al rischio del cliente, ovvero la capacità di sopportare perdite sul patrimonio che non inficino la sua sussistenza finanziaria.
- Una corretta pianificazione finanziaria e patrimoniale. L’unico punto dei tre realmente messo in evidenza dal sistema in questi anni come elemento distintivo nell’emancipazione professionale delle reti distributive.
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Il punto di partenza per le reti di consulenti è in primis decidere se i propri advisors dovranno offrire servizi di investimento su base indipendente o meno. Infatti, la questione del conflitto di interessi atavicamente ancorato a questa professione, dovuto alla non indipendenza del consulente, è annosa. Come può un consulente proporsi come tale se poi non è pagato dal cliente, in funzione della qualità della consulenza proposta, ma da una società prodotto, in funzione del tipo di strumento finanziario commercializzato?
Al fine di tutelare i clienti e portare indirettamente a un graduale ridimensionamento di tali dinamiche, con la MiFID2, il cliente è stato messo in condizione di conoscere esattamente quale sia il costo complessivo del servizio d’investimento che ha sottoscritto. E non soltanto in termini percentuali, ma anche in controvalore in euro sul totale del capitale gestito. Nel suo rapporto fiduciario con il Consulente Finanziario, quindi, il cliente si troverà inevitabilmente a porre una maggior attenzione sul rapporto costi/benefici, pesando necessariamente la qualità del servizio ottenuto.
In mancanza di un reale valore aggiunto nella gestione del patrimonio, infatti, diverrà quanto mai difficoltoso riuscire a giustificare costi di distribuzione, di gestione, di banca depositaria, di intermediazione, di performance fee, di transfer agent, ecc., ecc., proponendogli gli stessi prodotti che, al pari di una commodity, sono reperibili da qualsiasi consulente, intermediario o piattaforma presenti sul mercato.
CEO & Founder 4Timing SIM – Vi racconto chi sono in poche righe. Lavoro nel mondo della gestione del risparmio da quasi trent’anni. Nel 2016 ho fondato 4Timing SIM, un intermediario finanziario italiano, specializzato nei servizi di consulenza su base indipendente e di gestione individuale di portafoglio. Controllo del rischio, controllo dei costi e consolidamento delle performance è il mantra che da sempre permea la relazione con i clienti, un vero e proprio gioco di squadra. In sintesi: lavoro con le banche per i clienti e non il contrario.