Direttiva MiFID II, cos’è cambiato? Novità e limiti della direttiva
Déjà vu.
A guardare le reazioni sul mercato e la variazione dell’offerta ai clienti, mi sembra di rivivere il 1994 quando, agli esordi del mio mestiere, capii l’origine della denominazione “promotore” finanziario. Gli ordini di scuderia erano molto semplici: proporre i (pochi) fondi di casa e le gestioni patrimoniali.
Nel corso degli anni, sia a causa degli scarsi risultati di queste ultime, sia per una sempre maggiore spinta concorrenziale, si arrivò alla necessità di non offrire soltanto prodotti captive e di aprire le proprie porte al sistema del risparmio gestito 4.0: il Multibrand, che metteva “le ali” al promotore finanziario, finalmente in condizione di sentirsi, ancor prima che la legge di stabilità 2016 ne cambiasse la denominazione, non più un venditore di prodotti ma un vero e proprio consulente a tutto tondo, capace di coniugare le esigenze del cliente con le tendenze dei mercati finanziari.
Su questo punto, ti consigliamo di leggere anche l’articolo “Consulenti finanziari e sviluppo professionale: intervista a 4Timing SIM”.
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Oggi, in risposta agli stringenti limiti che la direttiva MiFID II impone, la soluzione ottimale che buona parte del sistema distributivo ha individuato è la dissuasione dall’utilizzo di singoli strumenti finanziari versus il traghettamento dei clienti in strumenti assicurativi di Ramo III e, soprattutto, nelle care vecchie gestioni patrimoniali standardizzate.
Quali sono i limiti e le novità della nuova direttiva?
Oltre alla maggior trasparenza in termini di costi (e alle prime ufficiali riduzioni delle commissioni per la distribuzione al mercato retail), il secondo capitolo della direttiva comunitaria, porta a una importante responsabilizzazione della filiera produttiva degli intermediari finanziari fin dalla sua origine – la creazione dei prodotti d’investimento – introducendo uno degli aspetti fondamentali ed in forte rottura con il passato: la “Product Governance”, che accresce la protezione per gli investitori sin dalla fase di ideazione del prodotto e non soltanto al momento della firma del contratto.
A differenza del passato, in cui era sufficiente rispettare obblighi informativi, di trasparenza e di condotta, per poter collocare determinati prodotti finanziari in linea con il profilo di adeguatezza, la P.G. obbliga i produttori a pre-individuare le tipologie di clienti cui un determinato prodotto potrà essere offerto (cd. target market) e a definire la strategia di distribuzione e i canali di vendita utilizzabili.
Ciò, unito all’obbligo per i distributori di implementare strategie distributive appropriate; produrre un flusso informativo continuo tra distributore e produttore, volto a valutare coerenza e compatibilità con il target market di riferimento; produrre un’attenta e dettagliata analisi di costi e benefici per ogni proposta di cambiamenti nel portafoglio (art.54 reg.del.n.565); comporta un forte condizionamento dell’attività di distributori e consulenti, con un presumibile incremento di costi e presìdi, nonché un restringimento dell’universo investibile.
Proiettando nuovamente Consulenti e Clienti nel mercato del risparmio degli anni ’90, tra ingessati portafogli modello e obsolete gestioni patrimoniali.
In che modo, allora, crede che i Consulenti possono avvantaggiarsi?
Da qualche anno diffondiamo il concetto dell’Alpha del Consulente, ossia la capacità effettiva per il CF di creare un valore aggiunto, per se’ stesso e per i propri clienti, lavorando sulle due principali leve che oggi minano la sua professionalità: il perpetuo conflitto d’interesse e la gestione (finanziaria e comportamentale) del cliente.
Allineare i propri obiettivi a quelli del cliente prescindendo dagli strumenti utilizzati, avere accesso a modelli gestionali e di controllo del rischio che siano condivisi e personalizzabili, creare soluzioni patrimoniali strutturate insieme ad un network di intermediari e professionisti di rilievo, sono aspetti che concederanno al Consulente di slegarsi da un obsoleto concetto di “produzione” finanziaria ed evolvere la propria professionalità, facendo realmente la differenza nella relazione con il cliente.
In questo modo abbiamo recepito la direttiva MiFID II in 4Timing SIM, come reale opportunità di business e non come una costrizione.
CEO & Founder 4Timing SIM – Vi racconto chi sono in poche righe. Lavoro nel mondo della gestione del risparmio da quasi trent’anni. Nel 2016 ho fondato 4Timing SIM, un intermediario finanziario italiano, specializzato nei servizi di consulenza su base indipendente e di gestione individuale di portafoglio. Controllo del rischio, controllo dei costi e consolidamento delle performance è il mantra che da sempre permea la relazione con i clienti, un vero e proprio gioco di squadra. In sintesi: lavoro con le banche per i clienti e non il contrario.