La dinamica dei flussi finanziari: in che modo possono variare?
In questo articolo affrontiamo il problema che attanaglia tutti quei professionisti che fanno della raccolta di capitali e della relazione il loro mestiere. Vorrei proporre alcuni esempi concreti proprio per dimostrare come a causa della proverbiale errata scelta del timing di ingresso e/o delle tempistiche dei successivi versamenti, il rischio per i consulenti finanziari sia quello di aver consigliato strumenti nel lungo periodo molto performanti ed allo stesso tempo avere la maggioranza dei clienti delusi..
Un interessante studio condotto da KPMG del 2012 collega la prociclicità del settore del risparmio gestito al bias molto diffuso secondo cui il risparmiatore proietta l’andamento passato verso il futuro e dunque “…compra in periodi di espansione (a prezzi elevati) e vende in periodi di recessione (con inevitabili perdite di valore)”.
Semplificando, è proprio il caso di dire: quando i mercati salgono, si è dominati da un eccesso di ottimismo che si traduce in un profilo di rischio elevato e un orizzonte temporale di lungo periodo, quando le borse diminuiscono, invece, prevale un eccesso di pessimismo che implica un accorciamento dell’orizzonte temporale e bisogno di maggior sicurezza (conseguente spostamento verso prodotti spesso meno remunerativi ma percepiti più sicuri per rispondere alla primaria esigenza di protezione del capitale).
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Dove avrebbero comprato gli investitori?
Andamento dell’indice Stoxx Europe 600
Proviamo ora a esaminare numericamente come tali comportamenti si traducono sulle scelte e sul risultato in portafoglio.
Per realizzare questo, utilizziamo l’andamento dell’indice Stoxx Europe 600 da gennaio 1993 a giugno 2013.
Innanzitutto notiamo che l’andamento dell’indice è stato caratterizzato da tendenze molto nette (tanto per sconfessare una volta in più la teoria dei mercati efficienti…).
A questo punto ci chiediamo, dove avrebbero comprato gli investitori?
Nella fantasia (caso A dell’immagine sottostante) sarebbero entrati subito, nel 1993, subendo sì un sali e scendi vertiginoso con il passare degli anni, ma ottenendo una performance a giugno 2013 pari al 200%.
Va precisato che alla luce di quanto letto finora, però, pochissimi avrebbero comprato sui minimi.
Buona parte avrebbe fatto il proprio ingresso a metà della salita (caso B), riportando un risultato finale positivo pari al 20%. La maggior parte dei risparmiatori, infine, avrebbe avuto bisogno di attestare il buon andamento del prodotto negli anni precedenti, per decidere solo a quel punto di acquistare, con il risultato di comprare sui massimi!
Questi investitori, rappresentati nel grafico dal caso C, nel 2013 non avrebbero recuperato il loro capitale, registrando una perdita del 25% circa.
Stimiamo che coloro che potrebbero appartenere alla categoria A sono circa il 10% del totale e quelli rientranti nel caso B circa il 30%. ll grosso degli investitori, indicativamente il 60%, è rispecchiata dal caso C. Sono coloro che si sentono tranquillizzati e si lasciano trasportare dal bias del senno del poi, rendendosi conto troppo tardi che sono proprio gli aspetti su cui ponevano le loro sicurezze a tradirli…
Le persone rientranti nel caso C molto probabilmente non saranno più disposte ad affidarsi allo stesso consulente finanziario che aveva suggerito loro questo investimento o, quanto meno, non dimenticheranno la loro perdita per molto tempo, passando da un eccesso di ottimismo, che li aveva spinti a comprare, ad un eccesso di pessimismo.
Proprio questo nuovo stato d’animo andrà a comportare un aggravamento della loro posizione. Infatti, con il progressivo calare dei prezzi successivo all’acquisto iniziale, gli investitori C, sempre più preoccupati, non spereranno più nella ripresa, che arriverà solo ad aprile del 2003, e dunque, presi dal panico, inizieranno a ridurre le loro quote o addirittura a chiuderle tutte ai minimi, ergo cliente perso.
Se poi volessimo realizzare un’analisi più approfondita arriveremmo alla conclusione che, in realtà, gli investitori insoddisfatti sono potenzialmente il 100%. Non si tratta di una provocazione ma di una semplice riflessione basata sui fatti. Ecco il perché.
Prendiamo i più fortunati, ossia quelli del caso A.
Essi vedendo rendere il loro capitale e avendo considerata superata la prova d’investimento iniziale, saranno portati a sottoscrivere nuove quote e verosimilmente di importo via via maggiore.
Facciamo un esempio. Supponiamo che all’inizio versino 100 e che in t1, visto l’accrescimento del patrimonio, decidano di apporre altri soldi, poniamo pari a 300, acquistando ovviamente ad un prezzo più alto. In t2, soddisfatti delle prestazioni complessive, giungano finalmente ad affidare la parte più consistente dei loro risparmi (+600).
Ipotizziamo ancora che abbiano mantenuto fino a giugno 2013 le loro posizioni. Valutiamo qual è il rendimento totale di portafoglio.
Data |
Prezzo di acquisto |
Importo versato |
Prezzo di vendita |
Importo finale in tt |
Rendimento % |
t0 |
100 |
100 |
300 |
300 |
+200% |
t1 |
300 |
300 |
300 |
300 |
0% |
t2 |
400 |
600 |
300 |
450 |
-25% |
Totale in 20 anni |
1000 |
1050 |
+5% |
Quindi, in base alle ipotesi presentate, l’investitore A avrebbe guadagnato in 20 anni, sul totale della posizione, appena il 5% e non il 200% del primo versamento.
Di certo, un risultato alquanto deludente se si considera l’ampio intervallo di tempo trascorso, appena in grado di conservare il capitale investito ma lontano dall’averne conservato il potere d’acquisto.
Peggio ancora sarebbe andata se gli stessi investitori avessero deciso di disinvestire le loro quote durante il tracollo del 2000/2003, per esempio in t3, come è indicato nel grafico sottostante.
Data |
Prezzo di acquisto |
Importo versato |
Prezzo di vendita |
Importo finale in t3 |
Rendimento % |
t0 |
100 |
100 |
200 |
200 |
+100% |
t1 |
300 |
300 |
200 |
200 |
-33.33% |
t2 |
400 |
600 |
200 |
300 |
-50% |
Totale in quasi 10 anni |
1000 |
700 |
-30% |
Come anticipato, chi si è fatto prendere dal panico durante la discesa, si può considerare un cliente perso perché non solo non ha mantenuto il capitale, ma ha subito pesanti perdite, nell’ordine del 30%, sebbene nello stesso periodo il mercato abbia quasi raddoppiato.
Il risultato finale purtroppo è che rischio di avere, per colpa della finanza comportamentale, tutti o quasi i clienti insoddisfatti e delusi.
Per concludere, anche dal punto di vista matematico, ciò che conta veramente è avere rendimenti il più costanti possibile, impegnandosi soprattutto nel controllo del Drawdown, altrimenti il saliscendi delle borse, l’umana cronica tendenza ad accumulare sui picchi ci porterà inevitabilmente a perdere denaro e clienti.
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Chief Marketing Officer & Business Development Manager 4Timing SIM
“Per aspera ad astra“
Curioso per natura, nelle mie esperienze professionali ho sviluppato competenze differenti tra loro, condividendo ed acquisendo know-how in uno scambio che mi ha consentito di crescere nel corso degli anni, come professionista e come persona. Negli ultimi 13 anni mi sono dedicato alla Consulenza Finanziaria e nel 2015 sono entrato in 4Timing per realizzare, insieme agli altri soci fondatori, 4Timing SIM: un intermediario indipendente che rappresenta una boutique per il Consulente che vuole evolversi professionalmente e per l’investitore che desidera un rapporto professionale innovativo e di alto livello.